Bonifiche e regimazioni idrauliche tra pianificazione e gestione del territorio

Pier Luigi Dall’Aglio, Carlotta Franceschelli

Resumo


1. INTERVENTI DI BONIFICA E PERSISTENZA DI ZONE UMIDE/INCOLTE IN ETÀ ROMANA

Strabone, parlando della pianura padana, la descrive coperta di paludi che sarebbero state bonificate da Marco Emilio Scauro mediante dei canali navigabili «dal Po a Parma» («άπό τοῦ Πάδου μέχρι Πὰρμης», Strabo, V,1,11). Questo intervento viene di norma collocato dagli storici nell’anno del suo consolato, il 115 a.C., o in quello della sua censura, il 109 a.C. Siamo comunque alla fine del II secolo a.C., in un periodo, cioè, successivo sia alla deduzione delle colonie romane di Parma e Mutina (Modena), nel 183 a.C., che alle assegnazioni viritane dell’ager Ligustinus et Gallicus, decise dal Senato nel 173 a.C. L’intervento di Scauro va dunque collocato in questa fase della presa di possesso della pianura emiliano-romagnola da parte dei Romani e viene di norma considerato come un ampliamento della centuriazione del territorio di Parma verso nord. In realtà, lo stesso Strabone dice che Scauro aprì i suoi canali per evitare le piene del Poprovocate dalla confluenza del Trebbia. Questo fiume, infatti, è uno dei principal corsi d’acqua dell’Appennino emiliano ed entra in Po nei pressi di Piacenza, una sessantina di chilometri ad ovest di Parma. Le finalità perseguite da Scauro e lo stesso testo di Strabone impediscono, dunque, di considerare questi canali come dei cardini della centuriazione di Parma, secondo quanto è stato supposto in passato[1]. Se infatti fossero stati dei canali sud-nord, non solo sarebbero andati «da Parma al Po», e quindi in senso inverso rispetto a quanto riferito da Strabone, ma, soprattutto, avrebbero avuto un effetto opposto a quello desiderato, perché avrebbero aumentato la quantità di acqua riversata in Po. Per ottenere l’effetto voluto da Scauro, questi canali dovevano invece essere dei canali scolmatori e quindi correre da ovest ad est con un andamento subparallelo a quello del Po (Fig. 1). Pertale motivo, pare logico supporre che essi siano stati impostati nella fascia leggermente depressa immediatamente a sud dell’area di diretta pertinenza del fiume. Questa ricostruzione sembrerebbe di primo acchito andare contro l’indicazione «Πὰρμης» del geografo greco. In realtà, vista anche l’approssimazione della fonte utilizzata da Strabone nella sua descrizione della pianura padana[2], nulla vieta di interpretare il «Πὰρμης» come «fino al territorio parmense» o, addirittura, «fino al Parma», cioè al fiume che attraversa la città. Scauro avrebbe dunque aperto dei canali scolmatori di Po che dal territorio piacentino arrivavano fino al territorio parmense: l’attuale Canale Rigosa Vecchia, nella bassa pianura fidentina, è forse una persistenza di uno di questi canali. Lo farebbe supporre la sua posizione e il fatto che, lungo di esso, si dispongono numerose fattorie romane, distribuzione che sembra coerente con una funzione itineraria di questo canale (Dall’Aglio, 1995b).

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Fig. 1. La bassa pianura emiliana tra i fiumi Trebbia e Parma, con l’indicazione dell’andamento dei canali navigabili di Marco Emilio Scauro.


[1] Sull’interpretazione del brano straboniano si veda Dall’Aglio 2009 e bibliografia ivi citata.

[2] Nella sua descrizione della pianura padana, Strabone utilizza una fonte periegetica di I secolo a.C., Artemidoro d’Efeso (Laserre 1966; Biffi 1988). A questa visione, che assume come riferimento la linea di costa, si deve ad esempio il fraintendimento sull’apertura della via Emilia tra Rimini e Piacenza e della Flaminia «minore» tra Bologna e Arezzo nel 187 a.C. (Dall’Aglio, 1995a).


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